L’autobiografia: una questione di geometria ?
XXI incontro dell’Osservatorio scientifico
della memoria autobiografica scritta, orale, iconografica
promosso da :
Mediapolis.Europa, ass. cult. http://mediapoliseuropa.com/
e
Mnemosyne, o la costruzione del senso,
Presses universitaires de Louvain
https://pul.uclouvain.be/review/
e
l’Academia Belgica
Via Omero 8- 00196 Roma
http://www.academiabelgica.it/
Rome (Italia), 8, 9, 10 November 2022
Academia Belgica, Via Omero 8
00196 Roma
Questo call è volto ad accogliere delle proposte che analizzino il rapporto fra un soggetto che si racconta e la dimensione spaziale. Non si tratta di vedersi nello spazio o di avere uno sguardo sullo spazio, ma di qualificarsi attraverso uno spazio mentale, come cercheremo di specificare infra. Il soggetto può scegliere una visione onniscente o parziale, può frapporre degli ostacoli sollecitando degli interrogativi sulla sua identità, può trovare un modo di osservare se stesso dall’esterno.
Il call non intende rivolgersi alla letteratura, ai film, ai media, la cui chiave interpretativa è la finzione ciò che comporta il declinare lo spazio fuori da sé e in tante direzioni, quali : il tema dell’erranza, del pensiero nomade, dell’utopia (u-topos, non – luogo), il discorso foucaltiano dell’eterotopia, la visione kafkiana, e ancora e ancora. Il patto autobiografico, che resta un punto fermo, obbliga ad assumere la responsabilità esistenziale come polo unico (Ph. Lejeune 1975).
La parola esistenza significa in latino arcaico exsistere, ex + sistere. Enciclopedia Treccani: « Nel linguaggio filosofico, lo stato di ogni realtà in quanto è tale, o, in senso specifico, lo stato della realtà che può essere oggetto di un’esperienza sensibile». Nel nostro caso, il soggetto che racconta la sua esistenza elegge, cioè, un luogo dove posizionarsi, prospettarsi, progettarsi /pro-gettarsi.
La complessità per chi si autobiografa è di poter godere di un occhio esterno «… que l’œil peut se voir soi-même?», scrive Stendhal nella Vie d’Henri Brulard.
All’inizio del XX secolo la locuzione biografia di sé, metteva in luce la posizione di distanziamento che lo scrivente assumeva rispetto a se stesso. Dostoïevski parla di autorendicontazione a proposito del suo romanzo Il sosia (1846).
Negli ultimi cinquanta anni molti artisti di video arte hanno messo al centro della loro ricerca il poter utilizzare il video come occhio esterno. Hanno inteso contrastare la visione che a partire dal Rinascimento ha voluto oggettivare lo spazio: «Il punto di vista dello spettatore [nb : sollicitato da alcune opere di videoarte] non è più quello unico e imperturbabile dell’osservatore della ‘tavoletta’ del Brunelleschi. Egli è ormai perturbato, instabile, in movimento, ma inevitabilmente, fisicamente, psicologicamente, e intellettualmente attivo » (Christine Van Assche 1992 : 15). Christine Van Assche si riferisce al saggio The Aesthetics of Narcissisme di Rosalind Krauss (1976). Si veda su questo anche il n. 48 (1988) di Communication.
Il tema della definizione dello spazio mentale del soggetto è al cuore di una parte significativa dell’arte contemporanea e in particolare della video arte.
La longitudine e la latitudine dell’io
Superio, subconscio, emergere, rimuovere, sono delle parole che sottilineano la posizione verticale nello spazio della struttura psichica del soggetto. La psicanalisi ha messo in valore questa geometria della psiche. Freud paragona la memoria alla stratificazione degli scavi romani, una archeologia della memoria (Disagio della civiltà 1971 [1930]).
Il rapporto del soggetto allo spazio è uno dei temi dominanti, il nucleo stesso dell’esistenzialismo, che partendo da Kierkegaard traversa la nostra contem- poraneità.
Kierkegaard nel capitolo «La verità soggettiva, l’interiorità; la verità è la soggettività» in «Postilla conclusiva non scientifica alle ‘Briciole filosofiche’» (1972 [1846]), pone al centro l’interiorità, che è una scelta, un cammino, una postura, un movimento centripeto. Anche supponendo una verità oggettiva, per dare un senso al nostro cosmo, ai nostri cosmoi, tutto non può non convergere nella soggettività: «perché l’esistenza o non-esistenza, come dice Amleto, hanno soltanto significato soggettivo» (1972 [1846]: 363). L’Io = Io (che deriva da Fichte), è una costante del pensiero di Kierkegaard, che riconduce l’identità del soggetto a un permanente movimento introversivo.
Binswanger, psichiatra svizzero (1881-1966), ha definito ‘passione dell’interiorità’ la concezione di Kierkegaard, nel senso che non ci si può assumere che partendo dal di dentro di se stessi. Lo si è detto, Kierkegaard insiste sul termine esistenza sottolineando come sia l’io e solo l’io nel suo isolamento e nel suo essere acontestuale, a potersi determinare lasciando ai margini le interferenze esterne.
Poco a poco Binswanger, kirkaardiano convinto, arriverà a Heidegger. Osservando il linguaggio e il comportamento dei pazienti, analizza le «Forme di base e di percezione del Dasein umano» (1942), constatando l’importanza dello spazio nella visione che hanno di se stessi. Binswanger annota che per descriversi, i pazienti collegano strettamente la sensibilità corporea e l’affettività allo spazio. Così Binswanger s’orienta verso un metodo che chiama Daseinsanalysis, termine che chiaramente reprende il Dasein d’Heidegger.
Heidegger scrive : «Né lo spazio è nel soggetto, né il mondo è nello spazio. È piuttosto lo spazio ad essere ‘nel’ mondo, perché l’essere-nel-mondo, costitutivo dell’Esserci, ha già sempre aperto lo spazio. Lo spazio non è nel soggetto, né il soggetto considera il mondo ‘come se’ fosse in uno spazio; la verità è che il ‘soggetto’, autenticamente inteso nella sua ontologicità, l’Esserci è in se stesso spaziale» (Essere e tempo 1976 [1927]:145). (Paragrafo : «La spazialità dell’esserci e lo spazio»). Questa maniera di pensare lo spazio costituirà una virata rispetto a tutta la precedente filosofia, e non sarà che l’inizio di un lungo cammino di riflessioni sul rapporto soggetto-spazio.
Sartre, Merleu-Ponty, Camus si impegneranno a sviluppare degli aspetti ontici e non ontologici come lo è per Heidegger.
Lo spazio del soggetto nella lingua
Nell’età infantile e negli stati patologici psichici, è attraverso la cognizione dello spazio che ci si manifesta. Ne La psicologia dell’intelligenza, Jean Piaget spiega che lo spazio è la categoria primaria della conoscenza nel pensiero dei bambini (1967).
«Cadere dalle nuvole», «sentirsi al settimo cielo» sono delle locuzioni del nostro Dasein, il nostro esserci. E anche se i miti, la poesia, permettono di condividere attraverso un linguaggio metaforico universalizzante le sensazioni, i sentimenti, le esperienze psichiche l’ «io rimane nondimeno il soggetto originale di ciò che si eleva o cade» (L. Binswanger 2012: 42). Binswanger che parte da Heidegger, si allontana dalla sua concezione a carattere ontologico, che gli è propria, per immergerla in dei casi concreti. Tutto un vocabolario situa nello spazio gli atti del dasein del paziente: altezza vertiginosa, ascensione, altitudine, infinito, ecc. (L. Binswanger 1971 : 237-245).
Delle espressioni linguistiche rivelano come l’io si situi nello spazio che egli mette costantemente in relazione alla sua persona.
George Lakoff e Mark Johnson (2004 [1980]), nella ricerca Metafora e vita quotidiana (si veda il paragrafo « L’orientamento IO-PER PRIMO) mostrano come la nostra maniera di raccontare sia modellata su dei modus pensandi dove il concetto di alto vince su quello di basso, davanti precede sempre dietro, e il qui il là. Tutta una concezione culturale governa queste forme di espressione, dove l’individuo si ritiene epicentrico in rapporto al mondo circostante che egli modula.
L’ordine delle parole è stato un oggetto di studio da parte di William Cooper & John Robert Ross. 1975, World order.
L’inquadramento del mondo da parte del soggetto
L’uomo inquadra il mondo e si inquadra nel mondo.
Un metalinguaggio interpreta l’inquadramento del mondo del soggetto, come scrive Lotman. Ne parla in due capitoli in particolare: «Il problema dello spazio artistico in Gogol», e «Semiotica dello spazio culturale» 1975 [1968]. Il capitolo su Gogol può essere visto come un modello metodologico.
L’estremizzazione di un inquadramento longitudinale dell’esistenza è descritta da Borges in maniera paradossale: «così complessa è la realtà altrettanto frammentaria e semplificata è la storia, che un osservatore onniscente potrebbe redigere un numero indefinito e quasi infinito di biografie di un essere umano collegando dei fatti indipendenti e di cui si dovrebbe leggerne tante prima di capire che il protagonista sia lo stesso» (1974 [1943] : 729. Trad. dallo spagnolo di chi scrive). Borges mette in risalto come traversando longitudinalmente una vita, scegliendo ogni volta un solo aspetto e ignorandone gli altri, ci troveremmo davanti a tante vite parallele di una sola persona. Questa riflessione si potrebbe trasporre così com’è alla scrittura autobiografica.
Borges mostra quanto fragile sia una descrizione lineare dell’esistenza.
Tim Ingold in Lines-A brief history (2007) chiama linee fantasma quelle che derivano da astrazioni e che costituisono dei punti di riferimento in diverse culture, soprattutto l’occidentale. Queste linee non hanno né consistenza né colore (come può esserlo un solco in agricoltura, ad esempio). È soprattutto a partire da Euclide che l’idea della linea retta domina la percezione visiva, da cui deriverà la prospettiva more geometrico, che pretende di presentare la realtà in maniera unidirezionale. Euclide credeva che dei raggi dritti uscenti dai nostri occhi raggiungessero gli oggetti (2007: 159).
Tim Ingold osserva che quando guardiamo un cielo stellato, per esempio, noi definiamo le costellazioni degli astri collegandoli attraverso delle linee astratte, fino ad immaginare delle figure strutturate. È del tutto usuale nella nostra visione occidentale.
Inoltre, la convinzione che la storia sia evolutiva ha generato degli alberi genealogici dove le generazioni passate, invece di essere riportate nelle radici, sono poste sui rami. In luogo d’una discendenza come lo era nella raffigurazione degli avi nell’antica Roma, la nostra civiltà occidentale ha creato una progressione verso l’alto, verso il futuro (Ibid.: 104-109).
Lotman osserva come nel campo militare la linea del fronte sia una parola d’ordine, una geometria anticipatoria. E tuttavia chi ha vissuto la guerra si accorge delle difficoltà che sussistono a ritrovare nell’esperienza concreta questa visione, questa geometria.
In una sua breve autobiografia Non-Memorie, 2001 [1994], sugli anni di guerra vissuti su diversi fronti sovietici, Lotman scrive: «È difficile scrivere di guerra. Perché cosa sia la guerra lo sanno solo quelli che non ci sono mai stati. È come descrivere un enorme spazio che non ha confini netti né un’interna unità. D’inverno c’è una guerra, d’estate un’altra. Una durante la ritirata, un’altra durante la difesa e l’attacco; una di giorno e una di notte. Una in fanteria, un’altra in artiglieria, una terza in aviazione. Una per il soldato, un’altra per il giornalista arrivato al fronte» (ibid. : 50-51).
In altri termini, il significato che l’individuo e la collettività attribuiscono allo spazio è il risultato di processi di reciproci rimbalzi semantici.
Marginalia, opacità, omissioni
Scrittori e scriventi possono scegliere degli habitat particolari per evitare di situarsi e di essere visti in spazi per così dire convenzionali.
Ci limitiamo a due esempi: quello di Marginalia d’Edgar Allan Poe e delle Confessions di Rousseau, viste da Starobinski nel suo libro La transparence et l’obstacle.
Edgard Allan Poe all’inizio di Marginalia (1844) scrive: « Comprando i miei libri, sono sempre stato attento a prenderli con dei grandi margini; non perché io ci tenga a questo aspetto in sé e per sé, per quanto possa essere gradevole. Vi trovo il vantaggio di poter scribacchiare i pensieri che la lettura mi suggerisce, la mia adesione a quello che dice l’autore, o il mio dissenso, o ancora di poter scrivere dei semplici commenti critici». E più avanti : «Inoltre nelle note a margine, noi parliamo a noi stessi. Discutiamo dunque francamente, arditamente, con originalità, abbandono, senza falsa vanità». [Il corsivo è nostro].
Mettere in prospettiva degli eventi significa anche o-mettere, mettere da parte degli spazi e degli aspetti della propria vita. Come lo sottolinea Starobinski per le Confessions di Rousseau. Si può giocare con la trasparenza (vedere tutto) e l’ostacolo. Starobinski chiama velo di Poppea questa strategia.
Scrive Tacito di Poppea: «Aveva modi affabili e intelligenza vivace, ostentava la modestia e praticava la lussuria. (6) Usciva raramente in pubblico e velandosi una parte del volto, per non saziare gli occhi altrui, e anche perché le donava». Annales XIII, 45-46. Poppea, non voleva occultarsi, voleva farsi intravedere.
Un dipinto della Scuola di Fontenebleau autore sconosciuto 1550-1560, museo MAH Musée d’art et d'histoire, Ville de Genève. Legs Jean Jaquet, 1839, mostra Sabina Poppæa, avvolta in una garza, in posa falsamente pudica.
Starobinki ha scritto una lunga introduzione «Le voile de Poppée» a L’oeil vivant (1961). Si possono intenzionalmente frapporre degli ostacoli allo spazio di comunicazione con l’altro: «Il nascosto è l’altra faccia di una presenza. […] Ostacolo e segno interposto, il velo di Poppea genera una perfezione alienata che, attraverso la sua stessa fuga, esige di essere recuperata attraverso il nostro desiderio. Appare così in virtù dell’interdizione posta dall’ostacolo, tutta una profondità che si fa passare come essenziale. Il fascino emana d’una presenza reale che ci obbliga a preferire ciò che essa dissimula, il lontano che essa ci impedisce di cogliere, nell’istante stesso in cui essa si offre» (ibid. : 10).
La sottile analisi di Starobinski fa i conti con i nostri spazi mentali, sul come vengono costruiti.
Un altro aspetto importante riguarda l’influenza nella costruzione dello spazio mentale dovuta a circostanze per così dire meno strettamente soggettive: l’analisi di Foucault sull’eterotopia (conférenza del 14 marzo 1967, Parigi); gli scritti di Deleuze e Guattari sul concetto di deterritorizzazione (1975). Delle idee che permettono di comprendere l’incidenza della cultura sulla maniera di concepire individualmente lo spazio.
Se per Kierkegaard, succeda quel che succeda, l’introspezione non sarà mai un problema di geografia, tuttavia sappiamo che il concepirsi nello spazio è certamente diverso per un amerindiano, un esquimese o un newyorkese. Come gli studi di Henri Lefèvre indicano, lo spazio mentale non corrisponde né alla conoscenza nello spazio, né sullo spazio, cioè lo spazio mentale non è esterno al soggetto (1968). E tuttavia questa individualità dello spazio mentale, come illustra Lefèvre, è il risultato su tempi lunghi della nostra interazione col mondo, ed esposizione all’universo, alla semiosfera, in cui ci troviamo a vivere.
Référence bibliographiques
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Christine Van Assche 1992, Une histoire de vidéo, introduction au catalogue du Musée d’Art moderne du Centre Pompidou, Vidéo et après, Parigi, Éditions Carré.
Comitato scientifico
Beatrice Barbalato, Mediapolis.Europa
May Chehab, Université de Chypre
Fabio Cismondi, Euro Fusion
Antonio Castillo Gómez, Univ. d’Alcalà de Henares
Françoise Hiraux, Univ. cath. de Louvain
Giulia Pelillo-Hestermeyer, Universität Heidelberg
Laurence Pieropan, Université de Mons
Anna Tylusińska-Kowalska, Uniwersytet Warszawski
Organizzazione
Irene Meliciani, managing director Mediapolis.Europa
Simposio - Roma 2,3, 4 Novembre 2022
Autobiografia: una questione di geometria?
Iscrizioni
L’incontro si terrà a Roma, in una sede che verrà segnalata. Nel caso dovessero persistere ancora situazioni critiche dovute alla pandemia Covid, si interverrà su piattaforma informatica.
Le lingue ammesse per gli interventi: inglese, francese, italiano, spagnolo. Ognuno potrà esprimersi in una di queste lingue. Non ci sarà traduzione simultanea. È auspicabile una comprensione passiva di queste lingue. Sia le proposte che gli eventuali interventi si potranno esporre in francese, inglese, italiano, spagnolo.
A) Scadenza per presentare le proposte: 20 giugno 2022. La sinossi comprenderà 250 parole (max), con la citazione di due testi di riferimento, e un breve CV (max : 100 parole), con la menzione eventualmente di due pubblicazioni proprie, siano esse articoli, libri, video.
Il comitato scientifico leggerà e selezionerà ogni proposta che dovrà essere inviata alla pagina conference registration del sito di http://mediapoliseuropa.com/
Per ogni informazione:
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. , Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. ,
Entro il 30 giugno 2022 verrà data la risposta sull’accettazione.
B) Per quanto concerne l’iscrizione al colloquio, una volta accettata la proposta le quote sono:
Prima del 30 luglio 2022: 110,00€
Dal 1 agosto al 30 agosto: 130,00€
L’iscrizione non potrà essere accettata in loco.
Dottorandi :
Prima del 30 luglio 2022 : 75,00€
Dal 1 agosto al 30 agosto:: 90,00€
L’iscrizione non potrà essere accettata in loco.
Per iscriversi come auditore: 30 euro.
Per le informazioni sui simposi dei precedenti anni, sulle attivita,
l’équipe organizzatrice e scientifica, andare sul sito:
http://mediapoliseuropa.com/
L’associazione Mediapolis.Europa coopera alla pubblicazione della rivista Mnemosyne, o la costruzione del senso, Presses universitaires de Louvain,
www.i6doc.com
Indicizzata come rivista scientifica in:
https://dbh.nsd.uib.no/publiseringskanaler/erihplus/periodical/info?id=488665
PAST EVENTS
- Mediapolis.Europa in radio fahrenheit
- Prof Beatrice Barbalato à France Culture La conversation scientifique